giovedì 30 ottobre 2008

lettera aperta al Ministro Gelmini

L'assemblea che si è riunita martedì pomeriggio a Gorizia ha approvato questo documento:



Al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca, Dott.ssa Mariastella Gelmini
e p.c. Al magnifico Rettore dell'Università di Trieste, prof. Francesco Peroni
al Preside della facoltà di Scienze politiche, prof. Roberto Scarciglia



In seguito alle proteste che stanno coinvolgendo tutto il mondo universitario, noi studenti del corso di Scienze internazionali e diplomatiche del polo di Gorizia dell'Università di Trieste vogliamo esprimere il nostro dissenso in merito ad alcuni punti del progetto del governo.
La facoltà di Scienze Politiche risulta la prima in Italia: per questo non condividiamo il principio di tagliare indiscriminatamente il fondo di funzinamento ordinario, FFO, senza riconoscere il merito e il valore dell'eccelenza.
Crediamo che il sistema universitario vada riformato nella sua interezza, combattendo gli sprechi-come il proliferare delle sedi distaccate e dei corsi di laurea creativi- i privilegi e la malagestio di questi decenni che hanno portato alla situazione attuale. Vanno però riconosciute le responsabilità ed individuati i colpevoli, andando a ricercarli anche nel ceto accademico. Per questo è necessario instaurare un sistema di valutazione efficace del lavoro dei docenti, in base alla produzione di ricerche e pubblicazioni.
Vogliamo affermare il ruolo centrale dell'istruzione universitaria pubblica di base, che permette a ciascuno indipendentemente dalle sue disponibilità economiche di poter perseguire i suoi sogni e affermarsi per il suo valore, come sancito dall'art. 34 della Costituzione.
La facoltà di trasformare le università pubbliche in fondazioni private rischia di creare università di serie A e di serie B, a seconda della regione di appartenenza si deve tener conto delle diverse realtà economiche e delle differenti culture amministrative. È necessario difendere anche il lavoro fin'ora svolto dai docenti a contratto e non lasciar loro soltanto un benservito.
Speriamo si possa riconsiderare il progetto di riforma dell'università, analizzando la vicenda nella sua complessità, tralasciando pregiudiziali ideologiche o la difesa di antichi privilegi.
Serve un'Università moderna che partecipi al progetto di un'Europa regione della conoscenza.

Gli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche, Gorizia
Università di Trieste

2 commenti:

Anonimo ha detto...

MINISTRO GELMINI, QUELL’ESPRESSIONE NON VA ………E NON SOLO

Alla cortese attenzione dell'onorevole Mariastella Gelmini
e p.c. Presidente CNUDD Prof. Paolo Valerio


Oggetto: osservazioni sull’espressione “studenti diversamente abili” utilizzata nel decreto per i criteri ripartizione stanziamento per interventi studenti diversamente abili anno 2008
Illustrissimo Sig. Ministro,
sono un operatore che lavora da anni nel campo della disabilità e in particolare nei Servizi universitari di supporto agli studenti universitari con disabilità.
Le scrivo sollecitato dalla lettura del Decreto Ministeriale 28 agosto 2008 prot. n. 159/2008, da Lei firmato, in cui campeggia l’espressione “studenti diversamente abili”, sulla quale vorrei proporLe alcune brevi considerazioni.
Mi permetta di partire da una frase illuminante di Giuseppe Pontiggia apposta come dedica a un suo bel libro: «A tutte le persone disabili che lottano, non per diventare uguali agli altri, ma se stessi». Tale dedica ci interpella tutti, nessuno escluso.
In nessun ambito della vita le parole sono chiacchiere, tantomeno nell’ambito del sistema formativo formale (quello di Sua competenza come Ministro): nella correzione dei temi contano perfino gli accenti e gli apostrofi, si immagini quindi il peso specifico delle parole! La mia non vuole essere una mera disputa lessicografica o semantica, nell’uso di certi termini sono in ballo questioni più profonde, che concernono il rispetto vero delle persone, delle loro storie di vita e della loro condizione esistenziale.
L’espressione “studenti diversamente abili” è sempre più diffusa nel mondo dell'informazione e della politica, ma moltissimi fra i più competenti, preparati e appassionati operatori italiani nell'area delle disabilità hanno eccepito vigorosamente su di essa. Le riporto alcuni esempi: la teologa Adriana Zarri scrive che questa «ridicola e ipocrita definizione rappresenta il colmo dell'imbarbarimento e, in fondo, dimostra una mancata accettazione di uno stato di difficoltà»; Andrea Pancaldi parla di termine «carico di ambiguità»; il giornalista Franco Bomprezzi denuncia una «deriva linguistica che, nell'enfatizzare le capacità di alcuni, ignora le persone con maggiori difficoltà». Carlo Giacobini, poi, descrive il “neologismo” con acuta ironia come «un ansiolitico linguistico, utile al massimo a mettere in pace la coscienza di coloro che non si sono mai fatti carico sino in fondo di questi problemi».
Personalmente ritengo che si tratti di un tentativo maldestro di "sdoganare" le disabilità, rimuovendo (o se si preferisce camuffando) le difficoltà reali che assillano giorno per giorno gli studenti universitari con disabilità. Invece di lottare per affermare nella prassi quotidiana il diritto all'uguaglianza di opportunità, si inseguono goffamente modelli efficientisti ed estetici. Qualcuno potrebbe obiettare che l’espressione mira a valorizzare le abilità residue (quando ci sono), il che è sicuramente doveroso ma ha come indispensabile presupposto il riconoscimento leale e oggettivo delle limitazioni delle attività, non la loro rimozione attraverso operazioni di ‘cosmesi comunicativa’.
L'inserimento e l'inclusione sono possibili, da una parte, mediante provvedimenti amministrativi che favoriscano i progetti di vita indipendente di ciascuno (e quindi mettendo in campo investimenti); dall'altra, attraverso processi culturali di accettazione lunghi e complessi, che non solo non passano attraverso la proposta di nuove e ambigue definizioni ma possono addirittura essere da esse ostacolati.
Gli studenti universitari con disabilità hanno bisogno di servizi, e non di questi biglietti da visita ingenui, e anche fuorvianti.
Infine, vale la pena ricordare che il termine diversamente abile non ha nessun rigore scientifico, né alcuna valenza sul piano legislativo ed è intraducibile in altre lingue. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, che il 22/5/2001 ha approvato la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, suggerisce di usare il termine "persone disabili" o "persone con disabilità".Mi auguro, Sig. Ministro, che non voglia liquidare questa mia lettera come un semplice esercizio di pedanteria e puntigliosità semantica, ma intenderla come un piccolo contributo sulla strada da percorrere per la piena promozione dei diritti di cittadinanza delle persone con disabilità e per la creazione delle condizioni perché possano essere se stesse e non quello che noi vogliamo che siano.
E allora, mi creda Sig. Ministro, tutti noi saremo più autenticamente noi stessi.

Napoli 19/01/2009
Carmine Rizzo

Anonimo ha detto...

OGGETTO:lamentele contro la Gelmini



All'autore di quel commento prima del mio

ai proprio ragione o letto quete cose ma come cazzo si permette a rovinarci la scuola quella puttana della Gelmini